domenica 27 gennaio 2013

If you just smile...


"Il vero viaggio di scoperta non consiste

nel cercare nuove terre,

ma nell’avere nuovi occhi”

( Marcel Proust )







Seduta di fronte a lei, al tavolo della colazione, sento la mia figlia maggiore dire: “Non hai rughe sulla
fronte”. Le sorrido: “Ed invece da qualche altra parte si?”. Lei ride forte: “beh, si… certo… (modo gentile di sottintendere: hai una certa età, mamma, che pretendi?)- Ne hai un paio lungo le guance“.
Mi fingo offesa per questa precisazione: “Tu e tua sorella, potreste smetterla di sostituire lo specchio in cui non riesco più
a vedermi… lasciatemi godere di quei pochi vantaggi che il mio stato comporta!”.

Questa volta ridiamo insieme, poi lei mi dice: “ho letto su internet che le rughe sono indicative delle espressioni che più spesso sono apparse sul volto… tu ti sei poco corrucciata ed hai molto sorriso….“. Non ho difficoltà a concordare. “E’ vero– le rispondo- sono sempre stata un’inguaribile ottimista…"


Rimasta sola ho cercato sfiorando le guancie con i polpastrelli quelle piccole linee lasciate lì a testimoniare lo scorrere delle stagioni sul mio volto.

Il sorriso che l’averle individuate ha fatto affiorare spontaneo le ha marcate rendendole ancora più evidenti…
“Hai molto sorriso…” la voce di mia figlia ha riecheggiato nella mente stimolando un altro ricordo… Qualche giorno fa mi è capitato di sentire due conoscenti dire tra loro riferendosi in modo esplicito a me convinte di non essere ascoltate: “ma come ha fatto a non perdere il sorriso?”.

Chiaramente si riferivano ai miei “fari spenti”.

Il modo comune di considerare gli eventi ha la presunzione di conferire una sorta di oggettività a riflessioni come questa. Così, perdere la vista a quaranta anni e continuare a sorridere mi ha investito di una titanicità agli occhi degli altri nella quale fatico a riconoscermi…

Devo ammettere che i panni di Wonderwoman non mi dispiacciono per niente… la mia personalità si inorgoglisce anche un po’, ma davvero non mi rappresentano.

Quando riesco a mantenermi centrata, mi sento grata per questa esperienza che mi ha traghettata in una dimensione particolare dove il richiamo alla presenza è costante perché indispensabile e la conseguente serenità interiore un gratuito omaggio.

La personalità ha delle aspettative per quanto riguarda ciò che è bene, ma l’anima sa che tutto è bene…

I cosiddetti “guai”, pur essendo vissuti inevitabilmente con una certa afflizione, svolgono, guardando da un’altra prospettiva, un importante ruolo di spie per cui sentirsi grati… 
Come nelle arti marziali si esprime gratitudine, attraverso l’inchino iniziale e finale, all’avversario.
Sono lì per svolgere un compito fondamentale per l’evoluzione e lamentarsene è solo un dispendio di energia.
Dispendio che spesso è irrefrenabile perché la nostra impossibilità a gestire le emozioni negative non consente di mantenere la postura corretta… quindi, tutto sommato, non è poi il caso di fustigarsi per qualche lagna…

Nell’esprimere il nostro grazie non ci deve essere aspettativa di nessun genere, per me il grazie è manifestazione di consapevolezza. Ringrazio perché non ho dubbi che la mia esistenza sia una grande opportunità di evoluzione…

La fede in questo percorso mi ha consentito di muovermi mettendo facilmente da parte i dubbi e le perplessità della mente… e le risposte sono arrivate… ormai non è più onesto dire che mi muovo in questo sentiero meraviglioso e inesplorato in gran parte, unicamente per fede… l’aver sperimentato mi consente di nutrire dentro certezze che hanno un riscontro quasi scientifico, una sorta di pedigree di fronte al quale anche la mente fatica a trovare obbiezioni…

Ribaltare la prospettiva da cui siamo abituati a guardare le cose ci offre una visione totalmente diversa che non tarda a trovare riscontro nell’esperienza tangibile.

Dato che questi miei occhi fisici mi hanno ormai irrimediabilmente abbandonata, sono stata costretta a cercarne di nuovi e, dopo un paio di tentativi mal riusciti, ne ho individuato un paio che a poco a poco mi stanno fornendo una visione dell’esistenza più profonda e soddisfacente.

Non ho ancora imparato ad usarli in modo costante e completo e, poiché non esiste un manuale di istruzioni, procedo per tentativi traendo conferma dell’uso corretto dalla sperimentazione.

Attraverso di essi ho riconsiderato e messo in discussione molte delle convinzioni che avevo a lungo coltivato e che fanno parte del “vedere” ordinario.

Tutti inseguiamo l’ideale di una vita serena attribuendo a questa le caratteristiche di assenza di impedimenti. Ne consegue una continua frustrazione perché, nonostante gli sforzi a nessuno è dato di portare a termine il percorso dell’esistenza senza trovarsene di fronte.

La vita terrena è un percorso ad ostacoli. Questi ultimi non ci sono nemici nel raggiungimento della serenità… ma complici nel perseguirla.

Provo a spiegarmi meglio…

La serenità è figlia dell’evoluzione interiore.

L’ostacolo è l’attrito che ti permette di evolvere.

L’esistenza indirizza il nostro percorso elargendo degli stop categorici quando stiamo deviando o preparandoci delle prove che permettano di migliorare e conoscere le nostre qualità.

Non a caso questa nostra Terra viene definita “pianeta scuola”… siamo qui per imparare. Prestando attenzione a quanto ci accade intorno, tenendo sempre presente che questa modalità ci consente di comprendere meglio cosa accade dentro di noi, compiamo i nostri studi che poi l’esistenza procede a vagliare attraverso test ad hoc che misurano il nostro grado di apprendimento.

Essendo, poi, un’insegnante giusta, distribuisce le prove in base al livello di competenza raggiunto dall’allievo, stimolandolo a progredire valutando i limiti con cui confrontarsi. Insomma, si procede per gradi.

Se non riusciamo a superare la prova, ecco subito pronte delle lezioni suppletive del tutto gratuite e noi che facciamo? Invece di essere riconoscenti perché ci viene offerta un’altra possibilità di migliorare il nostro percorso, ci arrabbiamo e disperdiamo energia in lamentele e autocompiangimenti.

Ed è così che quel finire “faccia al muro, dietro la lavagna” pur essendo spesso vissuto come un castigo umiliante da chi si rifiuta di assolvere al suo compito, è l’espediente cui l’insegnante coscienziosa è costretta a ricorrere a causa della nostra ostinazione.

C’è stato un tempo in cui proprio non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile che mi capitasse sovente di incontrare persone che sembravano avere tutto eppure non erano mai appagate ed altre che vivevano tra mille guai eppure trasmettevano serenità. In quel tempo non riuscivo a trovare un senso a tutto questo, ma
nel mio adesso la visione è più nitida.

Il dolore non nasce dal problema che l’esistenza ci pone, ma dalla nostra posizione di fronte al problema, dalla prospettiva da cui lo consideriamo.

Non chiedo a nessuno di credermi sulla parola… tutt’altro. Vi chiedo invece di non credere mai a niente di ciò che leggete o che vi viene detto senza prima sperimentarlo.

È fondamentale trovare il proprio modo di “girarsi dal verso giusto”. In questo gioco a palla con l’Universo, se non comprendiamo le regole siamo destinati ad essere colpiti alle spalle o ancora peggio ad incassare qualche colpo basso.


- Signoraquilone -

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