
(La scuola
degli dei – Stefano D’Anna)
Quando ero bambina adoravo, ogni volta che i miei mi conducevano al luna park, introdurmi in quei capannoni il cui percorso all’interno era fatto da specchi deformanti in cui potevo vedere me stessa in mille modi diversi. Alcuni di essi mi restituivano un’immagine anche più gradevole di quella naturale, altri mi facevano quasi paura, altri ancora mi riflettevano talmente ridicola da farmi sentire male per il gran ridere… ma in ognuno di essi inequivocabilmente, i lineamenti, per quanto distorti, erano i miei.
Da quando ho cominciato a lavorare Consapevolmente su di me alla ricerca di ciò che sono veramente, ho realizzato che quel gioco tanto divertente (anche se a volte un po’ inquietante) posso farlo tutti i giorni ed in ogni momento della mia vita.
Ho infatti compreso, con assoluta certezza, che Viviamo in una realtà fatta di specchi che, implacabili, ci riflettono in tutte le nostre parti.
E questi specchi, in quanto
notoriamente magici, sono anche parlanti, un po’ come quello della
regina-strega cattiva della favola di Biancaneve.
Nella materia assumono la forma
del capo ufficio, del collega di lavoro o di studio, del vicino di casa, di chi
condivide un breve tragitto sul tram.
Essi ci rimandano immagini di noi
attraverso la simpatia o il rifiuto che in noi suscitano.
E ci costringono al dialogo con
noi stessi perché nei loro discorsi, siano essi occasionali o “premeditati”,
siamo noi che ci stiamo parlando (non potendo comprendere le argomentazioni
altrui se non che in una chiave interpretativa del tutto soggettiva) e, non
paghi, ci rispondiamo pure!
Ci sono poi specchi dotati di una
speciale lente di ingrandimento che consentono una visione più dettagliata… per
osservare l’immagine di noi che questi riflettono bisogna essere proprio stoici:
lo scandaglio infatti è impietoso e mette in risalto ogni più piccola
imperfezione.
Questi specchi per svolgere al
meglio la loro funzione si pongono molto vicini a noi… tanto vicini che la loro
materializzazione assume le sembianze dei nostri familiari.
Lo "specchio–genitori”, dal cui
impasto di cromosomi (purtroppo non sempre ben riuscito) ha avuto origine la
macchina che ci contiene, è quello che da bambina ti ripete che sei la più
bella del reame, per poi palesare, attraverso i fastidi e le malsopportazioni
dell’adolescenza, le parti peggiori di te.
Lo “specchio–fratelli sorelle” è
uno dei più “parlanti”, con esso il dialogo è quasi sempre schietto.
Da piccola finisci con
l’accapigliartici spesso e nella baruffa ti può capitare di riportare qualche graffio,
perché, si sa, questo specchio ha spesso i bordi taglienti in giovane età.
Lo “specchio-partner” (sia quello
che si accompagna a te per un breve tratto nel percorso della tua esistenza
terrena, che quello che continua a scarpinarti dietro talvolta con gioia e
qualche altra con malcelata insofferenza per un tragitto assai più lungo) è
quello della cui immagine riflessa ti innamori e in cui, novello Narciso,
spesso finisci per affogare.
Questo specchio presenta il
vantaggio di agevolare la tua osservazione critica, ma è anche quello che ti
induce nell’inganno più grande, infatti quasi sempre finisci col pretendere di
modificare ciò che ti crea fastidio con un tale accanimento sull’immagine riflessa
sfinendoti e sfinendolo fino al punto che questo “si rompe” e va via… oppure
sei tu che non riuscendo più a sopportare quella immagine che, agendo
ingenuamente, non riesci a cambiare, gliene dai la colpa e ti volgi da un’altra
parte per cercare conforto in uno specchio che di diverso avrà però solo la
cornice non potendo che riflettere la medesima immagine.
E, dulcis in fundo, lo “specchio-figli”,
quello che malgrado tutto finisci con l’amare di più.
In esso sei felice ed orgogliosa
di vedere riflesse parti della tua macchina biologica, essendo la sua il
risultato del suddetto pasticcio di cromosomi, che in questo caso ti appare
(con una mancanza di obiettività esagerata) sempre “perfetto”.
Questo specchio, al pari di
quello “genitori”, in una prima fase ti permette di rifletterti riuscendo a
mantenere la tenerezza e l’accoglienza, per poi trasformarsi in una sorta di
grillo parlante pronto a sfoderare tutto il malanimo nell’età in cui smetti di
vestirlo tu e se ne va in giro con indumenti di molte misure più grandi e pettinature
che sfidano la forza di gravità.
A questo punto smette di farti
sentire la più bella del reame e ti preferisce la Biancaneve di turno.
Quando questi specchi ti dicono
che poi così bella come vorresti essere non sei, la regina vanitosa e malvagia
che è in te si affaccia prepotente e esprime la sua rabbia
Per recuperare te stessa cominci
a manipolare la realtà esterna con trucchi e incantesimi volti a distruggere
qualunque ostacolo alla tua affermazione .
Se poi non ti ravvedi in tempo,
ci penseranno sette nanetti a rincorrerti per il bosco, quando sei ormai
trasformata in una strega bruttissima con tanto di porro peloso sul naso, a
farti cadere in un burrone.
Tutto questo accade quando con la
maldestra protagonista ti senti totalmente identificata.
Se provi, invece, ad osservare la
favola come uno spettatore, la prospettiva cambia mutando anche lo scenario.
Quando l’immagine riflessa nello
specchio di turno, impietosamente, palesa qualcosa di te che ti dà proprio
fastidio, preparati ad accogliere l’entrata in scena della regina rabbiosa
interpretata dalla tua personalità sentendoti altro da lei… guardala mentre
paonazza si avventa contro lo specchio e prova ad accogliere la sua agitazione.
Ti accorgerai che ha paura di
perdere il suo ruolo e proverai compassione per lei.
Se riuscirai poi a mandarle amore
neutralizzerai lentamente ma inesorabilmente la sua energia negativa e a poco a
poco si placherà.
Tolta di mezzo la rabbia, siederà
di fronte allo specchio con animo diverso e, essendo per natura perfezionista,
comincerà ad esaminarsi con coraggio e determinazione comprendendo che se vuole
convincere lo specchio della sua bellezza è su se stessa che deve agire e non
prendersela con l’immagine riflessa. Magari comincerà a ripulirsi il viso da
tutto quel make up, cancellando la maschera che la rendeva estranea a se
stessa. Guardandosi al naturale ne apprezzerà i lineamenti migliorandone con
rapidi ritocchi le irregolarità facendo attenzione a non snaturarli. Ed a quel
punto sarà soddisfatta di essere al suo massimo possibile.
Lo specchio confuso alla fatidica
domanda risponderà: “Beh, diciamo che tu e Biancaneve siete due tipi diversi!”.
E mentre cala il sipario, l’osservatore
esterno che tu “sei”, dal profondo dell’anima non potrà che applaudire
divertito a questo finale.
-Signoraquilone-
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.